Specifici meccanismi di natura psicologica possono essere i principali responsabili delle difficoltà a seguire corrette abitudini alimentari e a mantenere nel tempo un peso salutare.
Il principio fondamentale che accomuna i diversi meccanismi psicologici è che essi spingono la persona a mangiare in eccesso, ovvero a mangiare non perché si ha fame, e quindi sulla base di bisogni fisiologici, ma per motivi che hanno un origine psicologica.
Quali sono i principali meccanismi psicologici coinvolti nell'alimentazione?
I più importanti da prendere in considerazione sono tre:
Spesso ci rendiamo conto che siamo spinti a mangiare determinati alimenti, e in quantità maggiori di quelle che basterebbero per sentirsi sazi, soltanto perché “buoni”. E' la tipica situazione di quando, passeggiando per strada, si viene attratti da una bellissima fetta di torta esposta nella vetrina di una pasticceria e non si riesce a resistere alla tentazione di comprarla e mangiarla. Tipicamente i cibi che producono un maggior senso di piacere sono quelli che contengono più zuccheri semplici e grassi, ovvero quelli potenzialmente più dannosi perché poco salutari e ipercalorici. La soluzione allora è evitare i cibi buoni?
Assolutamente no! Il piacere della tavola è un ingrediente fondamentale per riuscire a instaurare un rapporto positivo con l'alimentazione. Il problema nasce quando il piacere si associa inevitabilmente a cibi con elevate proprietà caloriche come i dolci e quando si perde il controllo di fronte ad essi, ovvero quando non si riesce più a dire di “no!” o a dire “basta!”.
Questo secondo meccanismo psicologico, molto comune, è definito spesso come “fame nervosa” o “alimentazione emotiva” e fa riferimento a quelle situazioni in cui si ricerca del cibo per calmare uno stato emotivo particolarmente doloroso o che crea un forte disagio. Spesso il mangiare emotivo avviene in solitudine, durante i momenti di relax (tipicamente alla sera dopo il lavoro, davanti alla tv) o appena dopo conflitti o delusioni relazionali. Può essere limitato al “mettere in bocca qualcosa” come una caramella o un cracker, oppure trasformarsi in una vera e propria abbuffata, caratterizzata da grandi quantità di cibo con la sensazione di non riuscire a fermarsi. Quello che succede spesso è che si crea un circolo vizioso molto pericoloso che porta a mangiare in maniera compulsiva e ripetitiva.
Il terzo meccanismo psicologico implicato nelle abitudini alimentari riguarda l'immagine del corpo, ovvero il modo con cui una persona valuta il proprio corpo, se in termini positivi o negativi. Spesso le persone che soffrono di obesità hanno un immagine negativa di sè stesse e del proprio corpo, disagio che può andare da una leggera insoddisfazione a sentimenti molto più intensi di disgusto e vergogna che possono sviluppare depressione, ansia e a isolarsi socialmente. Più è negativa l'immagine che una persona ha del proprio corpo, maggiore è la probabilità che essa si senta insoddisfatta anche dopo essere dimagrita. Se ciò dovesse accadere possono succedere due cose, entrambe con gravi conseguenze: o la persona decide di mangiare ancora di meno pensando che soltanto dimagrendo di più potrà piacersi e sentirsi bene con se stessa; oppure abbandonerà il trattamento dimagrante ritornando alle vecchie abitudini alimentari. Nel primo caso un'eccessiva restrizione alimentare attiva in maniera esponenziale i meccanismi biologici di difesa che sviluppano una sensazione irresistibile di fame che porta a perdere il controllo; nel secondo caso invece si riprende facilmente peso confermando la scarsa stima di se stessi e la convinzione che non si riuscirà mai a dimagrire e a piacersi.